Un indice per capire quanto costa e quanto impatta il cappotto termico
Ora i proprietari immobiliari hanno uno strumento prezioso a disposizione per capire quanto fa davvero risparmiare il cappotto termico e soprattutto quali materiali sono i più indicati per un minore impatto ambientale: è l’Indice di Sostenibilità Economica e Ambientale (ISEA) messo a punto da Enea per calcolare non solo l’impatto energetico, ed economico ma anche ambientale dei materiali isolanti utilizzati appunto per il cappotto termico, in funzione della tipologia di edificio e della fascia climatica. La ricerca è stata sviluppata con simulazioni energetiche su edifici nelle 60 città italiane più rappresentative per numero di abitazioni, popolazione e condizioni climatiche[1] e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista online Sustanaibility.
Ma come è stata realizzata in concreto la ricerca? Sono stati in considerazione – si legge nel comunicato di Enea – interventi di riqualificazione dell’involucro edilizio che prevedono l’utilizzo sia dei materiali isolanti più commerciali che di quelli prodotti con materie prime naturali e rinnovabili, anche in accordo alle strategie di economia circolare e di gestione efficiente dell’energia. E Flavio Scrucca, ricercatore della Sezione ENEA di Supporto alle attività sull’economia circolare, precisa che “Gli isolanti naturali – aggiunge – sono meno diffusi a causa del costo generalmente elevato, ma hanno minor impatto ambientale per tutto il ciclo di vita che, in funzione della zona climatica, può assumere valori compresi tra 1,2 e 2,2 kg di CO2 equivalente/m2, inferiori fino a 4-10 volte rispetto ai materiali sintetici più comuni che presentano invece valori tra 4 e 20 kg”. Del resto, quando si parla di impatto economico per il commettente proprietario immobiliare, sia esso un condominio o una villetta, si intende il il rapporto tra il costo iniziale dell’opera e il risparmio nel tempo associato alla riduzione dei consumi. E i materiali naturali presentano un valore più alto in ogni zona climatica per via del maggiore costo iniziale stimato. “L’indice messo a punto ha però consentito di evidenziare come, considerando sia l’aspetto economico che ambientale, la convenienza di questi materiali cresca con l’aumentare del fabbisogno energetico degli edifici, quindi soprattutto nelle zone climatiche più fredde, risultando paragonabile con quella dei materiali isolanti tradizionali”, sottolinea Domenico Palladino, ricercatore del Laboratorio ENEA di Efficienza energetica negli edifici e sviluppo urbano.
L’Enea ha fornito poi dei dati macroeconomici che danno l’idea della situazione energetica: In Italia risultano al catasto più di 31 milioni di unità immobiliari, in maggioranza in condomìni, delle quali oltre l’80% è stato costruito prima del 1991 e poco più del 65% prima del 1976. Il maggior numero di abitazioni (circa il 48%) si trova nelle zone climatiche più fredde (E ed F), circa il 45% nelle zone moderate (D e C), mentre meno del 9% in quelle più calde (B e A). Le abitazioni residenziali sono responsabili di oltre 30 Mtep (cioè 30 milioni di Tep, il Tep è la quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo) del consumo energetico azionale (il 43% della domanda di energia primaria in Italia nel 2020).
Tra tutti gli interventi di efficienza energetica, il cappotto termico continua ad essere la principale strategia di riduzione della domanda energetica complessiva, in particolare negli interventi di ristrutturazione. “Questo lavoro rappresenta un primo tentativo di valutazione combinata energetica, economica e ambientale dei materiali isolanti termici e dimostra l’importanza di considerare tutti questi aspetti negli interventi di ristrutturazione edilizia, poiché possono influenzare in modo significativo la scelta dei materiali isolanti da utilizzare” concludono i ricercatori ENEA.
Saverio Fossati